Christian Boltanski a Bologna - La mostra / Christian Boltanski in Bologna. The exhibition

Fino al 12 novembre a Bologna c'è Anime. Di luogo in luogo,  la grande retrospettiva di Christian Boltanski.
E' una mostra diffusa curata da Danilo Eccher,  che comprende l' antologica al MAMbo, l'installazione performativa Ultima al teatro Arena del Sole, l'installazione Réserve presso l'ex bunker polveriera nel Giardino Lunetta Gamberini, il progetto speciale Take Me (I'm Yours) all'interno dell'ex parcheggio Giuriolo. Il progetto è inoltre anticipato a partire da metà giugno dall'intervento di arte pubblica Billboards realizzato nelle zone periferiche della città.
 Until November 12 in Bologna there is Anime.  of Place to place, the great retrospective of Christian Boltanski.It is a widespread exhibition curated by Danilo Eccher, which includes the anthology at MAMbo, Ultima, the  performative installation at Arena del Sole Theater, Réserve installation at the former  bunker in the Gamberini's Lunetta Garden, the special project Take Me ( I'm Yours) inside the former Giuriolo parking lot. The project is also anticipated since mid-June by the public art billboards in the peripheral areas of the city.

here the program
qui il programma : www.anime-boltanski.it

english version on art ukraine:
Christian Boltanski's New Show in Bologna: Small Stories, Great Myths
or Ukrainian version
 Проект Крістіана Болтанскі у Болоньї: подорож від історії до міфу

 Le storie vogliono essere salvate? the stories  wants to be saved?

Christian Boltanski
Anime. Di luogo in luogo
veduta di allestimento presso / installation view at MAMbo –

Museo d'Arte Moderna di Bologna, 2017
Photo credit Matteo Monti
Courtesy Istituzione Bologna Musei
Christian Boltanski rappresenta da sempre uno dei riferimenti del nostro schizoide percorso di ricerca. Sarà che siamo un collettivo e dunque ci sono idee diverse, sarà nella nostra singola testa che vivono molte idee, ma chi ha voglia di vedere minima memoria s’accorgerà che da subito Boltanski, con altri come Hirst, fa parte della combriccola. Coerente più di noi, invece a lui Hirst non piace proprio.
A 30 anni dalla prima personale italiana (1997: villa delle Rose – Pentimenti ) e a 20 dall’installazione permanente, A proposito di Ustica,  rieccolo a Bologna con la mostra al mambo, che dura fino al 12 novembre.
Di che parla Boltanski? Non è che sia originale: come da sempre s’occupa di Memoria e a volte di memorie. Tant’è che già andando al Mambo siamo circondati da volti ripresi da un lavoro esposto nel 1997, Les Regards. Foto esposte sui cartelloni pubblicitari che rendono questa una mostra più che diffusa puntiforme con il progetto Billboards. I luoghi della mostra sono così collegati dagli sguardi di partigiani bolognesi lì fotografati, e la memoria diventa un percorso, interroga uno spazio urbano.

Memoria e memorie. Certo, con l’idea di comprendere qualcosa del contemporaneo e della contemporaneità, sono temi centrali. E, di fronte a una retrospettiva, anche memoria di se stessi. Boltanski ci dice da subito che la sua idea non è di una memoria statica. Non si parla delle gloriose Opere d’arte immortali, ma del multiforme, di ricordi che pure cambiano, di realtà che pure sanno di modificarsi. Non a caso la maggior parte delle installazioni, in questa grande mostra che racconta la sua storia artistica, sono ricostruite, non semplicemente ricollocate, per dare corso a un rapporto con lo spazio del Mambo. Difatti si parte con un ricordo che non c’è, quando il battito del cuore dell’artista vene sovrapposto alla sua immagine da bambino che si trasforma in quella attuale e a circondare i lavori sta una cattedrale laica, così Boltanski struttura il Mamb0) con navata centrale e due laterali.
Ma anche gli oggetti che sviluppano la memoria sono spesso effimeri, transitori, minimalisti quanto una scatola di biscotti e un cumulo di coperte termiche. Foto spesso sfocate d’archivi immaginari e reali. Si parla di piccola memoria, infatti, individuale e di una collettività di individui, qualcosa che scompare se non si cerca di salvarla. Dice in un’intervista “Nella nostra vita per esempio ricordiamo nostro nonno, ma non ricordiamo il nostro bisnonno: ecco, nel guardare la morte che ho davanti, verso il futuro, io cerco di superare la soglia della memoria nel riguardare indietro, verso un passato che non posso ricordare ma che cerco comunque di evocare e di far emergere, da quella soglia di distanza dal mondo delle ombre che è il passato”.
Di certo è un progetto consapevolmente fallimentare. Perché in fondo archiviare significa anche ampliare il numero d’informazioni. Che sia fisico, come nei suoi lavori, o sul web, c’è un limite, crediamo, alla quantità di oggetti che si possono accumulare ordinatamente prima che scompaiano nella quantità dei ricordi. Ma c’è anche qualcosa che si muove tra l’effimero degli oggetti, che in qualche modo lo preordina poiché, specie nel Mercato, non possiamo pensare d’essere individualità isolate. Che sia la storia maggiore (o le storie), che sia il caos e la coincidenza, le piccole memorie rischiano continuamente d’essere gettate in qualcosa più grande di loro. In fondo, in un cumulo di coperte, a seconda del tempo in cui ci si trova, possiamo pensare a mille cose diverse, a storie segnate dal tempo e dalla nostra di memoria, dai profughi alla shoah (altra sua intervista).
Difatti la conseguenza, anche se di certo non c’è legame diretto, sono le opere leggendarie di Boltanski, quelle che nessuno può vedere anche se si sa che ci sono. Dal salvataggio di una piccola storia alla creazione di un mito, come le trombe in un deserto sudamericano che, se riempite dal vento, emettono la voce delle balene. Se una storia non si salva, si può creare un nuovo mito. L’interessante però, rispetto all’unica domanda di B., che in fondo riguarda temi novecenteschi (la vita e la morte, la transitorietà delle esistenze), è come si potrà trovare un abbozzo di risposta nel nostro di Mercato. In cui proprio la memoria, oltre ai nostri stessi corpi, è in continua mutazione grazie alle protesi che ci vengono ogni giorno offerte. Oggi effettivamente le piccole memorie potrebbero diventare eterne (o almeno della durata del supporto tecnologico su cui le installiamo), nella memoria delegata che è quella fornitaci dalla tecnica e dalla rete. Di più ancora : potrebbero essere memorie condivise, intimamente alla portata di tutte le nostre menti connesse. Ma è giusto? O anche nella contemporaneità è preferibile che l’effimero s’accetti come tale e non voglia essere salvato?








( photo courtesy: Christian Boltanski Anime. Di luogo in luogoveduta di allestimento presso / installation view at MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, 2017
Photo credit Matteo Monti
Courtesy Istituzione Bologna Musei)



Etichette: , , , , , ,